Come ogni anno alcun3 di noi sono andat3 al Kappa Future Festival, e come ogni anno Parco Dora diventa la capitale dello sfruttamento dell3 raver.
Cinque palchi, oltre novantamila persone, biglietti dai settanta ai centocinquanta euro, birre a otto euro e drink a dodici. Scusatemi se dopo aver lavorato tre giorni al Kappa Future Festival do i numeri, ma il cervello continua a ripetermi in loop: tre vodkatonic, due ginlemon, uno jagerbomb, per l’acqua vai dalla mia collega sulla destra, manca ghiaccio!
Il periodico Vanity Fair, il giorno dopo la fine del festival, fa prontamente uscire il titolone: “Un ballo senza confini: il Kappa Futur Festival è la grande tribù del domani” e io non posso fare a meno di piegarmi in una sincera risata isterica, perché di confini, insomma, ne ho visti parecchi. Partiamo col botto immergendoci nel bestiario dell3 frequentator3 medi3 del Kappa; sì, ok come dice Vanity Fair gente da tutto il mondo che per dodici ore balla insieme eliminando le distanze geografiche, ma anche vero che la maggior parte dei “ravers” sono maschi etero cis apparteneti alla middle class che se gli chiedi un’opinione sul concetto di TAZ (zona temporaneamente autonoma) di Hakim Bey – da cui oggi si ispirano anche questi rave impacchettati – ti guardano con occhi vitrei e la mascella spalancata, senza aver ancora preso l’MD.
Un ambiente machista insomma, in cui perfino se lavori dietro il bancone con la t-shirt XL della Jäger e il volto appiccicaticcio di Red Bull non scampi da qualche goliardica molestia – un tipo si è persino sporto oltre il bancone per palpare le tette a una barlady, un bel complimento vecchio stile, dai – figurarsi se ti metti il tape sui capezzoli e un body retato rosa shocking; per non parlare di chi aveva la rissa facile in canna.
Dunque dietro la facciata della liberazione dei corpi che vuole promuovere il KFF, troviamo in realtà branchi di uomini molesti che palpano il palpabile ogni volta che passano in mezzo a un gruppo gremito, nascondendosi dietro allo scontro involontario di corpi nella folla; tutto normale, giusto?
Io ora non dico di creare un corpo di sentinelle della mano morta, ma almeno educare questi maranza a petto nudo a non mercificare le donne come fossimo in uno special episode di Ciao Darwin. Del resto, nelle TAZ, quelle vere, si fa almeno il tentativo di promuovere il motto “NO FASCI, NO MOLESTI, NO MACHISTI” e, per citarne uno fra tanti, il collettivo Free-k Pride durante la sue parate invita dal carro principale tutt3 quell3 che subiscono o vedono perpetrare molestie a suonare un fischietto, in modo che qualcunə possa accorre al più presto.

Il KFF non sembra interessato a sprecare neanche un soldo per apporre cartelli che possano educare al consenso, formare personale specializzato per la riduzione del danno per molestie; insomma tutelare il pubblico pagante, che è il cuore pulsante del festival.
Il mio intento non è quello di demonizzare il KFF a prescindere, solo perché si tratta di un’entità ♥ɐʇsılɐʇıdɐɔoqɹnʇ♥ , sia ben chiaro. Devo dire che lavorarci è stato anche divertente: ho trovato collegh3 fantastic3 e ho avuto la fortuna di avere un responsabile sciallo e comprensivo. Ora vi farò dunque un elenco di cose positive che ho visto al Kappa.
Per cominciare, era presente la start up This Unique che promuoveva assorbenti in bioplastica compostabile e cotone organico prodotti in Italia. C’era poi il banchetto della riduzione del danno, gestito da Pin (progetto itinerante notturno), anche se non è stato un granché sponsorizzato; infatti uno dei due banchetti era in un angolino vicino ai maleodoranti bagni chimici e il post su Instagram che hanno fatto quell3 di Pin non è stato nemmeno ricondiviso dal profilo del KFF, raggiungendo così la bellezza di 45 mi piace al netto di 95mila partecipanti. Per quanto riguarda le accortezze per la sostenibilità ambientale, i bicchieri di birra erano in plastica riciclata al 80%. Questo non è valso invece per i bicchieri da cocktail e le infime bottigliette d’acqua a tre euro l’una; è vero altresì che i ragazzi di Trashed, il recycling store del festival, scambiavano la plastica raccolta dai partecipanti con vari gadget. La plastica sarà poi riciclata da Coripet, il consorzio volontario per il riciclo del Pet.
Nonostante queste buone azioni alcune scelte sono decisamente discutibili, perciò torniamo a lamentarci.
ₗₑ Fₒₙₜₐₙₑₗₗₑ ₛₘₐₜ Dᵢ ₐCQᵤₐ ₚᵤBBₗᵢCₐ ₛₒₙₒ ₛₜₐₜₑ Cₕᵢᵤₛₑ.1
Ällå ¢ððþ Ðï vïå Lïvðrñð håññð þrðïßï†ð lå vêñÐï†å Ðï ålïmêñ†ï ê ßêvåñÐê (åñ¢hê åñål¢ðlï¢hê) ïñ ¢ðñ†êñï†ðrï Ðï vê†rð ê mê†ållð.
Il biglietto d’ingresso rispetto agli anni scorsi è quasi raddoppiato, mentre gli stipendi del3 lavoratric3 occasionali sono diminuiti di almeno 10€. Un mio amico spillatore mi ha detto che l’anno precedente aveva preso 120€, mentre quest’anno 110€. (Vi dico però che io come bartender ho preso 130€ netti al giorno e, in base ai calcoli contrattuali finali, ho ricevuto 400€ puliti in busta paga; quindi personalmente sono soddisfatta). Allorché, in seguito a varie lagnanze di contrabbando, l* responsabile generale dei bar dopo averci fatto il suo discorsetto motivazionale quotidiano – della serie voi siete i miei warriors! Il Kappa è come una famiglia, ed è bellissimo vedere tutto il supporto che vi state fornendo a vicenda rinunciando alle pause per non lasciare in merda gli altri! I rapporti che avete formando in questi giorni dureranno per sempre! *piantino di commozione adeguatamente riprodotto a ogni bar* – ci ha confessato che l*i si è sempre battut* per i diritti dell3 lavotor3 della notte, e comunque anche l*i è sottopagat*. Su quest’ultimo fatto non ho né smentite né conferme, quindi valutate voi se crederl* o meno.
Sempre nell’ottica di alzare il morale della ciurma, noi titanic3 warriors il sabato abbiamo vissuto un simpatico siparietto di svago collettivo, ornando le nostre pelli con i tatuaggi dello Jägermeister; e, in effetti, apporci a vicenda trasferelli in faccia giocando a fare i trapper ci ha fatto dimenticare per un attimo la fatica di tredici ore di lavoro quasi no stop. Nessunə ha avuto voglia di frantumare la joie de vivre menzionando l’elefante nella stanza: abbiamo affittato il nostro corpo a una multinazionale, per due giorni siamo diventat3 maglie dei giocatori di calcio organiche. E questo mi ricorda inevitabilmente che, porco zio, il capitalismo è divertente, per questo non muore.

Continuando a parlare di soldi, visto che il festival gira tutto intorno al fruscio di una bella banconota profumata – anzi in realtà più attorno a dei braccialetti magnetici, visto che i soldi dovevano essere caricati sul chip in modo da non avere cognizione di causa delle cifre spese durante il corso della giornata, se non facendosi largo a spallate nella coda per chiedere al personale del bar di scannerizzare il bracciale – la vastissima offerta di cibo includeva, fra i tanti, i meravigliosi kebab a 10€ di Kebhouze. Per chi non lo sapesse, è la catena fondata da Gianluca Vacchi che senza timore si fa una bella cultural appropriation capitalizzando una delle poche fonti di introiti rimaste ancora in mano ai migranti nordafricani.
Vi ho già detto che i drink costavano 12€, ma se vi volete indignare ancora di più, questa barlady vi svelerà che l’imposizione era di fare tutti i cocktail con appena un’oncia di alcol, mentre la ricetta ufficiale IBA (International Bartenders Association, ndr) ne prevede un’oncia e mezza. Se nel 2023 il prezzo medio di un drink è di sei-sette euro (sob), allora possiamo affermare che il prezzo è stato raddoppiato, mentre l’alcol è stato diminuito di un terzo. Io e altr3 mi3 collegh3 piratesch3, comunque, quando potevamo facevamo le aggiuntine.
Vorrei danzare sulle note finali di questo articolo riportando la lamentela diretta di una ragazza che si è recata al Kappa per questioni lavorative e non è riuscita a rimanere al festival per più di cinque ore per l’assenza di una zona chill out: da ogni parte ti mettessi, c’era la musica che ti rimbombava nei timpani. Per quanto il KFF fornisse i tappi per le orecchie, that doesn’t sound very Vanity-Fair-Un-ballo-senza-confini of you: l’unica tribù che si è cercato di tutelare sono gli imprenditori che ogni anno lucrano sui bisogni primari delle persone, divertimento, cibo e acqua.

Nelle TAZ il chill out è sempre sacrosanto, poiché si cerca l’inclusività e la solidarietà: ciò che più importa è creare un ambiente safe in cui tutt3 possano ballare e divertirsi al di fuori dalle dinamiche di consumo, senza dover temere sguardi o tocchi nemici, e vivere liberamente la festa secondo il proprio tempo biologico. Tutto è lecito, purché non leda alla libertà di qualcun altrə; di certo non ti sequestrano l’accendino all’ingresso per poi costringerti a ricomprarlo allo shop interno; e di certo non devi sborsare 2€ per avere la carta igienica nei bagni chimici a pagamento e poi trovarli quasi sporchi come quelli gratuiti.
Nelle TAZ non è tutto perfetto, è vero, ci sono crew che montano solo per smazzare un po’ di pezzi; gente sckraccata e incattivita, e scem3 che portano i cani sotto cassa; ma i cani sottocassa c’erano pure al Kappa ed erano quelli antidroga, stanchi e disidratati, e i pezzi li smazzano un po’ tutt3 anche se fanno finta di no. E io mi sono sfrascicata le ovaie di sgomberi e repressione, non voglio dover vivere in un mondo in cui sono prima una consumatrice e poi, forse, un essere umano; voglio poter ballare e pogare senza essere costretta a spendere soldi, in compagnia di gente che non mi palpa il culo, a meno che non glielo chieda io.
Hai letto: Meno Kappa e più TAZ. Reportage di un’anarchica in incognito al KFF
Errata corrige
- Le fontanelle per l’acqua c’erano. Come riportato dal profilo IG del KFF in risposta a questo articolo: “A Parco Dora ci sono 5 fontanelle: durante il KFF una era riservata alla Croce Rossa, una è dietro agli stand e quindi non accessibile al pubblico, una l’abbiamo utilizzata per alimentare le docce, due sono rimaste accessibili al pubblico.” Ci auguriamo comunque che nelle prossime edizioni i punti acqua possano essere aumentati.