cinque cose “top shit!” del 2022

La top cinque cose tra libri, serie TV, film, dischi e videogiochi da non perdere per nessun motivo prima di lasciarsi il 2022 alle spalle.

Pauldavid Ligorio

Il libro

Togliamoci subito il dente parlando di libri. In quest’ultimo anno ho dovuto superare diverse fasi di crisi sul fronte del lavoro intellettuale. Ad un periodo oltremodo pieno di letture di saggi, articoli e paper è seguito un rifiuto totale di voler anche solo leggere una pagina di giornale. Ad un certo punto mi sono ritrovato a pensare, come altre mie colleghe e persone care che si occupano di giornalismo culturale ed editoria, a quanto la performatività e la competizione condizionino il rapporto con i libri.

Bisogna leggere di più e meglio, stare al passo con le uscite, avere un’opinione confezionata in tempo zero su ogni argomento, al punto che la l’idea che vogliamo dare di noi stesse diventa più importante dell’effettiva comprensione ed elaborazione di pensiero. L’occasione per la messa in discussione di questo tipo di lavoro intellettuale, capace di portarmi ormai ad un burnout nel giro di pochi giorni, è arrivata con l’uscita dell’ultimo lavoro del filosofo belga Laurent de Sutter. Per farla finita con se stessi è il testo perfetto sia per proseguire, sia per iniziare, il lavoro di completo smantellamento di tutto ciò che è impiantato e stratificato nel profondo della mente e scritto nella corporeità.

Abitudini, comportamenti, convinzioni e assunti sono radicati a ciò che chiamiamo il “sé” o il nostro “io” in quanto soggetto che esperisce la vita e il mondo che la contiene. E se questo fantomatico “io” fosse tutt’altro che qualcosa di reale? De Sutter tronca la suddetta radice mostrandoci come l’idea che esista un individuo sia in realtà storicamente molto recente e frutto di una rivoluzione culturale situata. Impossibile racchiudere in poche righe la forza dirompente della linearità e della lucidità concettuale di questo provocatorio libro contro la legge non scritta che si debba per forza essere qualcuna.

La serie TV

In quel di Hollywood non c’è personaggio più eccentrico di Guillermo del Toro, un artista che nel corso degli anni è riuscito a costruire storie accattivanti e immaginari originali. Se film come Il labirinto del fauno e Hellboy sono ormai a tutti gli effetti considerati dei capitoli importanti per la storia del cinema, l’approdo del cineasta messicano alle serie TV, nella veste del produttore, ha già suscitato parecchio entusiasmo.

Ispirandosi alla forma antologica del classico American Horror Story, la stanza delle stranezze di del Toro propone una manciata di storie auto conclusive che brillano sia per la qualità della scrittura che per la capacità di trasporre in immagini soggetti non facili. E’ risaputo che dare forma a H. P. Lovecraft non sia proprio una passeggiata, eppure l’episodio Il modello di Pickman riesce a muoversi in territori visivi totalmente inediti, in una delle esperienze più convincenti e terrificanti che personalmente abbia mai visto.

Ciò che più mi ha stupito è stato trovare tra i realizzatori il nome che dà lustro all’intero prodotto e che mi ha convinto a inserire questa serie in classifica: Panos Cosmatos. L’episodio La visita segna un capitolo importante nella poetica psichedelica di un autore che centellina e calibra in maniera meticolosa i suoi lavori, tra i quali è da ricordare il capolavoro Mandy uscito nel 2018. In generale ogni episodio riesce a trattare, talvolta in maniera più marcata talvolta meno, tematiche sociali e politiche, tanto da renderlo una sorta di Black Mirror in chiave horror. 

Il film

Il ritorno in grande stile di David Cronenberg al body horror che lo rese celebre tra gli anni ’80 e ’90. Crimes of the future racconta la storia di un futuro in cui la medicina è il nuovo sesso, la nuova attrazione che coinvolge l’umano, se così si può ancora chiamare. L’artista Saul Tenser, interpretato da un Viggo Mortersen ormai trasceso ad alter ego del regista, è un pioniere della body art e le sue creazioni non sono altro che tumori che egli esporta dal proprio corpo grazie ad una macchina per autopsie manovrata dalla sua assistente Caprice (Léa Seydoux). 

Già all’uscita del primo trailer mi erano bastate queste poche informazioni per aspettarmi un lavoro sopra le righe, carico di significati nascosti e metafore. E in effetti è proprio così. Come altri film che hanno reso Cronenberg uno degli artisti già apprezzati per il genere, come Videodrome o Existenz, il film è un viaggio viscerale alla ricerca di un senso, mai propriamente esplicitato, all’interno di quel groviglio di pulsioni e desideri che chiamiamo corpo.

L’umanità descritta nel film è a un crocevia: accettare la mutazione o reprimerla nel profondo, occultandola fino a farla sprofondare nel subconscio. La medicina, in questo senso, è la chiave per aprire (letteralmente) la via, tagliuzzando le carni a colpi di bisturi, verso una liberazione dalle spoglie mortali che incatenano l’umano alla terra e alla merda. Una terribile, quanto attuale, rappresentazione senza filtri. Un capolavoro che verrà riscoperto negli anni a venire.

Il disco

L’uscita di Spirit Exit della compositrice elettronica Caterina Barbieri è stata un fulmine a cielo sereno. E nonostante la banalità di questa espressione, è un’immagine che riesce a descrivere bene lo stato emotivo che un disco del genere è capace di scatenare. Giunta alla piena maturazione della sua idea musicale, l’artista bolognese fa esattamente quello che le riesce meglio da alcuni anni a questa parte: miscelare sintetizzatori, chitarra classica e voci in un atmosfera onirica ai limiti della trascendenza.

Se il suo precedente disco Ecstatic Computations sembrava rimandare all’idea della scoperta scientifica e spaziale come ad una scoperta interiore, in questo Spirit Exit la ricerca si è spinta oltre ogni confine. Barbieri è sospesa in quel luogo liminale in cui è capace di scorgere l’invisibile e abbracciare l’incorporeo e convertirlo per noi in musica. Canticle of Cryo, per esempio, ha la capacità di scatenare una catarsi elettronica tale da condurre l’ascoltatore ai limiti della trance, ad un passo dal toccare con mano l’insondabile.

È il mistero del suono, i sentimenti e le domande che la musica riescono a trasmettere, a guidare l’esplorazione artistica di questa artista che trasforma in oro ogni manopola e cavetto di sintetizzatore che tocca. Dalle collaborazioni con i più prestigiosi festival a livello mondiale, alla firma con le etichette più ricercate, fino alle influenze sul design e la moda, Caterina Barbieri è l’artista italiana di cui tutte abbiamo bisogno, ma di cui nessuna, almeno per ora, parla mai abbastanza. 

Il videogioco

L’opera definitiva che ha saputo unire l’epicità e il sistema di gioco della serie inaugurata da Dark Soul ad una nuova concezione degli open world in stile The Legend of Zelda: Breath of the Wild.

Questo è, a detta di critici ed esperti di videogiochi, la definizione ormai canonica dell’ultimo lavoro dello studio di sviluppo di Hidetaka Miyazaki. Difficile però racchiudere in poche righe il senso di meraviglia, la curiosità, ma anche la rabbia e la frustrazione che Elden Ring riesce a comunicare nelle quasi duecento ore necessarie al suo completamento.

Avete capito bene. Se pensate che duecento ore siano un’esagerazione dovreste, gamepad alla mano, immergervi nelle terre desolate dell’Interregno e sperimentare in prima persona la profondità dell’area di gioco. Rispetto ad un classico gioco open world come Red Dead Redemption 2, nel quale certo è possibile muoversi in lungo e in largo nel vecchio far west, ma si fatica a trovare qualcosa da fare, il mondo di Elden Ring è un’enorme assemblaggio di piccoli e grandi dungeon. Senza discontinuità il giocatore è invitato a spostarsi da un’area all’altra scoprendo segreti, raccogliendo oggetti, sconfiggendo nemici e incontrando personaggi secondari.

Il racconto sullo sfondo è frammentato, perduto, e sarà compito del giocatore e della comunità di persone infognate ricostruirlo. La collaborazione è necessaria per portarsi a casa il premio più ambito di tutti: poter svelare ciò che in un primo momento ci era oscuro. Elden Ring è un gioco crudo, a tratti perverso, che lascia la libertà non solo di esplorare, ma prima di tutto di giocare divertendosi, accettando una sfida senza compromessi e altamente gratificante.

Il gioco ha di recente vinto il Game Awards 2022. Ma questo lo si sapeva già da febbraio. Imperdibile.

EXTRA

Cinque cose, ma alla fine erano sei quindi ho fatto finta di niente. Parliamo di podcast. È ormai chiaro come questo media si stia imponendo sempre di più, ma è davvero difficile, almeno per me, trovare il tempo e la voglia di ascoltare ore e ore di parole ininterrotte. Parliamoci chiaro, è impossibile stare dietro all’enorme mole di nuovi podcast. Ho scelto di premiare Femminista si diventa! Per un motivo molto semplice: in pochi episodi riesce a fare una sintesi curata e precisa delle attuali prerogative e prospettive del movimento transfemminista. 

Prodotto da FRidA e UniTo in collaborazione con il CIRSDe, il podcast affronta quattro questioni principali, ciascuna divisa a sua volta in quattro episodi: antispecismo, abilismo e grassofobia, antirazzismo e decolonialismo e, in ultimo, lavoro, capitalismo, cura. Ogni episodio è presentato da Francesca Tampone e Matteo Botto, due giovanissimə ricercatorə in studi di genere e attivistə per i diritti sociali e civili, che dialogano e discutono con altrettante personalità competenti sui vari temi.

Mi sento di consigliare Femminista di diventa! in particolare a chi non conosce ancora come si articolano le varie questioni che la prospettiva femminista porta in campo, ma anche a chi volesse ripassare in maniera approfondita il tema, in quanto non si smette mai di scoprire nuovi titoli di libri, concetti e persone. Uno strumento intellettualmente onesto, che riesce a portare le voci delle piazze all’interno di un contesto di studio più istituzionale, senza snaturare lo spirito che guida il movimento verso un cambiamento radicale della società e con rispetto nei confronti del vissuto di tutte le soggettività oppresse descritte. 

Un augurio per un 2023 un po’ migliore, un po’ più all’insegna di grandi cambiamenti.