L’ultima lettera ai fantasmi di Bruce Springsteen

La recensione dell’ultimo intimo e toccante disco del Boss, ispirato dalla morte dei vecchi compagni di viaggio.

Cecilia Pascucci

Nasce dal bisogno urgente di comunicare coi propri fantasmi e tornare vicino al pubblico l’ultimo disco di Bruce Springsteen, in un anno in cui di concerti live neanche l’ombra. Bruce Springsteen aveva già tutto pianificato: un lungo tour mondiale con la E-Street Band, quattro date a San Siro nella prossima primavera. Poi è successo ciò che tutti sappiamo, e allora tour rimandato. Ma la musica non si può rimandare, e arriva potente, proprio nel momento in cui ce n’è più bisogno. Letter to you è il nuovo disco del Boss, il ventesimo in studio, se non mettiamo in conto live e raccolte varie. È anche il primo con la E-Street Band dopo almeno sette anni. L’occasione purtroppo è quella del lutto, ovvero la recente scomparsa di George Theiss, compagno di scuola del Boss e chitarra della sua primissima band, i Castilles. Bruce è così l’ultimo rimasto in vita.  E allora comincia a riflettere, sugli amici, sulla morte, sulla vita. Anche in studio, mentre nel novembre 2019 compone e registra l’album in tempi record con la band, mancano due amici: Danny Federici e Clarence Clemons, rispettivamente tastierista e sassofonista dello storico gruppo. Ma gli amici di sempre sono lì con lui, aleggiano nella stanza come dei benevoli Ghosts, decima traccia dell’album. 

Ma il disco non è solo nostalgico, riflessivo e intimo; è anche energico, e rivela la profonda gioia che i membri della band provano nel lavorare insieme. “Significa che quarantacinque anni dopo stai ancora suonando con le stesse esatte persone con le quali andavi al liceo”, dirà il Boss nel presentare il nuovo lavoro alla stampa europea. E ancora: “Quarantacinque anni con le stesse persone. Hai vissuto la tua vita con loro, hai visto il loro meglio e il loro peggio, e loro hanno visto il tuo. Sai quello che ti piace di questi ragazzi e loro sanno quello che non gli piace di te. E con il passare del tempo le cose si sono sistemate e hai trovato un accordo completo. ”Siamo lontani dai fasti di Born to Run e Thunder Road, quando le chitarre esplodevano con tutta la loro forza e gli arrangiamenti erano maestosi, ma non per questo il disco è meno efficace, anzi. Forse perché Bruce Springsteen è un uomo di 71 anni che fa musica da sempre, e questo suo nuovo disco rappresenta alla perfezione il momento della vita nel quale è stato scritto. “The blood moon shines across the veil, Bells ring out through churches and jails, I tally my wounds and count the scars, Here in the house of a thousand guitars”. Settima traccia dell’album, House of a thousand guitars. La consapevolezza che arriva con l’età non viene però scalfita dalla rassegnazione che ne potrebbe seguire. 

I suoni sono puliti, ogni strumento è esaltato al massimo. Merito anche della modalità di registrazione. Nessuna demo, solo la band in studio e nessuna sovraincisione. L’alchimia tra i membri della band è in questo lavoro al suo picco massimo: un muro di suono che ti investe e in cui si percepisce distintamente la magia che il singolo musicista è in grado di creare. Anche la scrittura del Boss ne esce esaltata I shoulder your Les Paul and finger the fretboard, I make my vows to those who’ve come before, I turn up the volume, let the spirits be my guide, Meet you, brother and sister, on the other side.” La decima traccia, Ghosts, è dichiarazione d’amore e saluto definitivo a quel suo passato con cui ha finalmente chiuso tutti i conti in sospeso. 

Letter to you è un disco fortemente emotivo, che si ascolta tutto con il fiato sospeso e che ti trascina con lui. La bellissima e malinconica One Minute you’re Here fa da apripista a dodici tracce che sono già dei classici, come If I was the priest, recuperata dagli archivi e riproposta con la stessa forza di quando il Boss aveva 22 anni. È un disco fatto apposta per essere suonato dal vivo. E allora aspettiamo, perché quello di Bruce è solo un arrivederci, come ci scrive nella sua ultima lettera.

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