Truman scelse la strada più difficile

A distanza di più di vent’anni dall’uscita in sala “The Truman Show” riesce a cogliere, ora più che mai, quel “teatro della vita” delle nostre performance. 

Giulia Cardinale

The Truman show è il film che tuttə conoscono, è la storia di un ragazzo di nome Truman che vive, a sua insaputa, una vita sotto i riflettori. La città, le case, l’acqua del mare, le luci, i rapporti umani, tutto ciò che fa parte della sua vita appartiene ad un set nel quale a capo di tutto c’è Christof, il regista dello spettacolo. 

Truman, trascorre una vita apparentemente tranquilla fino a quando, dopo la caduta dal cielo di una luce di proiezione e altri strani avvenimenti, percepisce un senso di alienazione: inizia a dubitare di tutto ciò che lo circonda e comincia a sentire i suoi affetti più cari come estranei. Inizia a maturare in lui la voglia di evadere da quel mondo, percepito come finto e vissuto da sempre come una menzogna. Truman si pone abitudinariamente nei confronti degli abitanti della cittadina in modo gioioso e scherzoso, in maniera esagerata, quasi recitativa. Una delle frasi più famose e indicative della sua condizione è quando inizialmente saluta i vicini con: “casomai non vi rivedessi, buon pomeriggio, buonasera e buonanotte” come se dovesse sostenere anche lui un ruolo in quella società e avesse interiorizzato il mondo fasullo in cui vive. 

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The Truman Show | Paramount Pictures

Anche se si parla di finzione, The Truman Show, non è una realtà così lontana dalla vita quotidiana di ognunə di noi. Ervin Goffman, sociologo canadese, ci insegna che chiunque in questo mondo ha un ruolo sociale e ciascuno influenza l’impressione che gli altri possono avere di sé, costruendosi una facciata personale. Anche Truman, all’inizio del film mantiene un ruolo sociale e anche lui, come tutti, si conforma ad un certo tipo di ambiente. Come dice Goffman, si ha questo smanioso bisogno di definire una situazione: controllare le imprevedibilità, sapere cosa aspettarsi dalla gente e cosa la gente si aspetta da noi e infine rilevare l’esigenza di integrarsi con la società. Tutto questo fa parte di quello che si chiama il teatro della vita, costituito da un palcoscenico in cui gli individui performano la propria persona e dove, inoltre, avviene una sistematica successione di eventi. Quando però questa successione di eventi si spezza, avviene la rottura dell’ordine quotidiano. Proprio come succede a Truman nel momento in cui sente il mondo crollargli addosso, perché le sue certezze si stanno pian piano sgretolando. 

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The Truman Show | Paramount Pictures

Le istanze de Il teatro della vita accomunano Goffman con un altro autore, ovvero Luigi Pirandello, il quale con il suo Il fu Mattia Pascal più precisamente con il dodicesimo capitolo lo strappo nel cielo di carta – ne riflette perfettamente l’impianto narrativo; lo scrittore allude metaforicamente alla perdita, da parte dell’essere umano, dei valori su cui si basano i propri punti di riferimento. Proprio come Truman, che aveva basato la sua vita su delle sicurezze fittizie, ma che nella scena finale, quando le certezze sono ormai crollate, durante il dialogo con il regista dello show, quest’ultimo gli fa notare che non troverà il mondo là fuori più veritiero di quello dove fino ad ora aveva vissuto, in realtà perfetto e senza pericolo, ma al contrario, saranno presenti le stesse ipocrisie e gli stessi inganni. Ciò nonostante, consapevole di questo, Truman ha scelto la strada più difficile, una strada fatta di dubbi e rischi purché sia reale.

Si tratta di un film molto difficile da definire che ha preannunciato tutti i programmi televisivi a venire, come ad esempio Il Grande Fratello. All’apparenza una commedia spiritosa ma in realtà dai toni drammatici per la situazione di prigionia a cui è sottoposto Truman. Una storia che, a distanza di 23 anni, riesce ad essere molto incisiva proprio in quanto così vicina alla nostra quotidianità e capace di mettere in luce il confine, a volte sottilissimo, tra realtà e finzione, quest’ultima principalmente influenzata dai media. Un film che invita alla riflessione, alla denuncia, ma che offre anche speranza, dove la voglia irrefrenabile da parte del protagonista di scoprire la verità si collega così abilmente a Platone, per cui la conoscenza della verità rappresenta il punto più alto della libertà dell’uomo. Un film che andrebbe rivisto oggi per il suo essere così visionario nel metterci di fronte a qualcosa di sconosciuto. Un inno all’imperfezione, all’imprevedibilità e alla paura. Peter Weir, il regista, ritrae perfettamente la nostra condizione esistenziale: quella di fruitori, voyeur televisivi ed esibizionisti.

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The Truman Show | Paramount Pictures

The Truman Show è una critica ad una società dissacrante che cerca sempre di più conforto e distrazione nelle vite altrui. È un film sulla tenacia di un singolo, in questo caso Truman, che riesce a liberarsi dalle regole, che ha il coraggio di spingersi verso l’ignoto (angosciante, ma quantomeno reale) e di non accontentarsi. The Truman Show è un invito a coltivare sogni, paure e a provare emozioni: insomma, ad essere delle persone vere. 

Perché è facile essere come Truman: ci si aggrappa a delle sicurezze pur di non andare allo sbaraglio, certezze spesso decantate che tuttavia potrebbero crollare quando meno ce lo si aspetta. A questo prepara il film, a questo educa: ad avere il coraggio e la forza, un giorno, di andare lungo la propria strada, scegliendo sempre il percorso con la propria testa. 

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