I tre nuovi singoli in uscita sono un punto di svolta decisivo per Tja, artista dell’hinterland torinese che sogna una vita ‘on the road’.
Mattia d’Eredità, classe 1994, è musicista, cantautore e giramondo originario di Rivarossa (TO). Ho avuto il piacere di scambiare qualche parola con lui in occasione di un radicale ripensamento del suo progetto musicale Tja, che rispetto a ciò che avevo sentito a settembre ad Anderground Festival, si espande verso l’elettronica e abbraccia una prospettiva internazionale. Nei prossimi mesi usciranno alcuni singoli che ho avuto modo di ascoltare in anteprima. Il primo di questi è Choices, già disponibile per l’ascolto su tutte le piattaforme streaming, incluso Spotify ed Apple Music. Questa uscita è anche accompagnata da un video musicale che potete trovare a fondo articolo. Ecco cosa ci siamo detti!
Pauldavid Ligorio – Da anderground sono passati un po’ di mesi e la cosa che mi rimase in mente all’epoca era l’accenno ai tuoi prossimi lavori, ai quali avevi intenzione di dare una “vestizione elettronica”. La prima cosa che ho pensato nell’ascoltare i tuoi singoli è stata: cavolo, altro che vestizione, qui c’è un cambiamento radicale, molto pop, o sbaglio?
Tja – No non sbagli è decisamente un passo in più rispetto alle mie vecchie produzioni, ho voluto dare un taglio più contemporaneo alla mia musica. Per realizzare questi lavori mi sono rivolto a un caro amico conosciuto al Sofar nel 2018, cioé Simone Cavazzoni, il cantante de i Tristi. Mi ha fatto anche conoscere una sua collaboratrice, la produttrice Plastica, ed è nata un’esperienza musicale per me completamente nuova; soprattutto perché, per i motivi che sappiamo, abbiamo lavorato a distanza. Parlando di pop, mi sono sempre sentito di rientrare in quello stile, ma se prima ero più interessato alle sonorità classiche del rock, ora sento una certa sintonia con l’elettronica. Sono riuscito a tirar fuori una parte di me ancora inesplorata e questi ragazzi hanno messo un’impronta nuova, rinfrescando il mio stile.
PL – L’impatto sonoro è notevole, ed effettivamente questo nuovo modo di fare funziona, pensa a Voce di Madame, presentata all’ultimo Sanremo: una canzone d’amore profonda unita a ritmiche trap. È un genere che ascolti?
Tja – Lo apprezzo ma non lo ascolto molto, diciamo che più che il genere in sé apprezzo certi artisti, uno tra tutti il caro Post Malone. Madame ci azzecca, eppure sono rimasto più colpito da Irama, che ha dimostrato di voler osare e sperimentare. Sicuramente sono tutti artisti che vogliono cambiare le cose, ed è una spinta che sento anch’io in ciò che faccio. Mi sento libero di provare cose mai fatte prima, trovare nuove sfumature. Mi ricordo un live di Bon Iver, per me quello davvero un punto di riferimento, in cui usava un vocoder per armonizzare il sassofono; queste cose mi lasciano a bocca aperta.
PL – Dunque il fattore sperimentazione che peso ha nel tuo rapporto con la musica?
Tja – È fondamentale! Più uno conosce se stesso più conosce la musica. È un gioco di equilibri: bisogna avere il coraggio di cambiare e allo stesso tempo esprime ciò che uno ha dentro. Poi la sperimentazione oggigiorno non è solo sul piano degli arrangiamenti, ma anche sulla promozione di ciò che fai, sui social o qualunque sia la strategia che uno sceglie; per dire, per questo progetto puntiamo a raggiungere il pubblico del Sud America. Se si decide di essere pionieri di qualcosa bisogna prepararsi a sostenere il peso e l’incertezza. Quando ho deciso di lasciare un attimo da parte gli strumenti acustici e buttarmi sull’elettronica non avevo mai suonato un sintetizzatore; e Simone e Matilde sono stati fondamentali nel darmi una mano.
PL – Perché il Sud America? Quindi punti al mercato internazionale?
Tja – Eh si, come già ti raccontavo mesi fa è uno dei miei obiettivi. La scelta di cantare in inglese non è casuale e non sono disposto a ritrattare su questo punto. Cioè, mi piace cantare in italiano, ma non lo farei per ragioni puramente commerciali. Ci sono alcuni artisti che provano a partire con l’inglese, sperimentano e poi passano all’italiano. Ci sono tanti esempi anche tra artisti che stimo molto, come Cosmo e, ritornando a Sanremo, Wrongonyou. Pensa che lui l’avevo già sentito anni fa: aveva realizzato una traccia in inglese per il film The Pills, dell’omonimo trio comico, uscito nel 2016. Oggi canta in italiano. Ecco, per ora non mi interessa, perché vorrei riuscire ad andare via dall’Italia, girare il mondo e portare la mia musica a un pubblico nuovo.
PL – Ecco, qui secondo me si va a toccare un punto dolente. Anche i grandi festival sono costretti a riorganizzarsi e molto di ciò che fanno sarà spostato online. Alla luce di tutto questo casino del Covid19 e della digitalizzazione, come vedi la situazione viaggi e concerti dal vivo?
Tja – Chi può dirlo come andranno le cose. Ormai che differenza c’è tra tre 6 mesi e 3 anni? Quel che voglio dire è che sono disposto ad aspettare e a coltivare il mio sogno, appena si potrà sono disposto a comprare un biglietto di sola andata, magari per l’Australia, un posto in cui ho già vissuto. La digitalizzazione mi fa un po’ paura, in verità. Le migliori cose che ho imparato e vissuto sono legate ai festival. È una dimensione impossibile da sostituire. Il digitale è un surrogato dell’esperienza concreta, il rischio è perdere definitivamente il contatto con gli altri.
PL – Il futuro è incerto, perciò concentriamoci sul presente per quest’ultima domanda: come ti senti nel vedere questi pezzi pubblicati?
Tja – Sono gasato! Perché sto producendo della musica che mi piace e sto collaborando con persone favolose. Anche questi singoli in uscita sono il mio futuro, perché segnano una metamorfosi importante per il mio percorso musicale e l’approccio che ho con me stesso. È un cambio radicale, imprevisto, che mi permette di ripartire da zero e mettermi ancora una volta in discussione
Hai letto: Ripartire da uno zero elettronico – Intervista a Tja
In copertina: Un progetto fotografico di Elisabetta Riccio