Achille Lauro è tra i pochi artisti noti al grande pubblico italiano capace di portare avanti una critica sociale utile per abbattere le categorizzazioni di genere.
Da quando ha guadagnato la visibilità mediatica dei grandi palcoscenici, Achille Lauro ha enormemente radicalizzato i contenuti della sua produzione artistica, diventando un personaggio completo. La sua immagine controversa e provocante, il suo modo di cantare, le sue dichiarazioni: ad un primo sguardo tutto sembra essere niente più che un gioco, uno schiaffo al pudore.
In questa volontà provocatoria, tuttavia, è necessario un grosso discrimine, posto alla base del discorso. Quello che Lauro propone è un contenuto vero, che trascende la semplice appartenenza ad una moda ed è consapevolmente creato. In particolare analizzeremo il suo modo di porsi riguardo alla questione di genere e la moltiplicazione di personaggi e maschere che l’autore porta in scena. Superando la concezione di musicista, Lauro diventa quindi comunicatore e performer, che fa dell’estremizzazione della sua estetica una parte indissolubile della sua arte.
Sì, l’amore uccide, sei il mio sicario
Vai ti voglio sempre così
Maleducata
Idolismo, morte e rinascita
La prima azione necessaria per addentrarci nei molti livelli di questo personaggio è quella di debunking. Troppo spesso il giudizio sulla sua immagine polarizza l’opinione e impedisce un reale dibattito intorno a ciò che l’artista vuole comunicarci, quando già la copertina e il titolo del suo ultimo disco sono una forte indicazione di contenuto. Riprendendo l’analisi già proposta da Rolling Stone, la scelta di Lauro è un forte collegamento al concetto stesso che oggi abbiamo di idolo e una manifesta volontà di stimolare il pubblico.
Mutuato dalla cultura dello spettacolo, un idolo è qualcosa da idealizzare ed ammirare, tra vite maledette e talento dannato. La copertina, non a caso, ci mostra figure che rispondono a questa definizione, da Elvis a Jimi Hendrix, nel solco delle quali si colloca l’artista. Dalle ceneri di un mondo deforme di sesso, violenza e consumismo (nella parte in basso) si staglia un volto monolitico, sormontato dalla croce. L’artista viene alla luce e guarda il mondo dall’alto, vero, raggiante e integro, sospeso tra tradizione e identità.
Per parlare di rinascita infatti, non solo l’artista si cala nella sua nuova veste e maschera, reimmaginando il De Marinis in uno sfavillante Achille, ma allo stesso tempo si incarna nel sottotesto più patrio che esista: la religione.
Il citazionismo tra maschera e identità
Ascendere ad un piano generale ed archetipico, slegarsi dal trasformismo del pop o, meglio, inglobarlo e renderlo proprio. Ogni maschera, ogni identità non diventa più forzatura commerciale di un’infinita sequela di singoli brani, ma narrazione e contenuto proprio dell’autore. L’operazione non può che ricordare, in patria, la grande figura di Renato Zero con il quale è scattata di recente una polemica a distanza. I toni di questo attacco dimostrano come l’apparenza inganni e lo stesso Zero non abbia indagato a sufficienza il cantante romano.
Quando Manet espose nel 1863 “Le déjuner sur l’herbe“, la gente accorse nel Salon dei rifiuti di Parigi (dove era stato confinato) per deriderlo. Non potevano immaginare di trovarsi di fronte ad uno scandalo che avrebbe aperto una nuova stagione artistica. Eppure non vi era nulla di strano in un nudo silvestre e, anzi, l’artista fornì esempi di opere classiche usate come modello. A turbare era la disinvoltura, la mancanza di sacralità che circondava l’opera: non una critica formale, ma di contesto.
L’approfondimento su Achille Lauro diventa quindi indagine di costume e di società prima che critica musicale, e l’esempio degli impressionisti può insegnarci molto in questo caso. L’artista si destreggia sospeso tra polemiche e curiosità, ripescando figure storiche funzionali alla sua agenda di significati per poi materialmente impersonarle. Così tra lustrini, latex e abitini di Gucci riprendono vita citazioni più o meno esplicite che sono sia un “la” di partenza, sia una capsula per veicolare il suo messaggio. Ripensando proprio alle sue performance a Sanremo 2020 è difficile non trovare punti di contatto espliciti con queste operazioni che l’artista prima anticipa, poi rivendica mediante i social. Achille è già oltre il palco, e pensa a performances intere più che al bel canto, ma la sua vera protesta è molto di più.
Al di là del corpo, al di là del genere
Per andare oltre alla mentalità conservatrice che non lo accetta, fin da quando è bambino, con numerosi episodi di bullismo, Lauro fa un uso spregiudicato del suo corpo. E’ la sua persona che muta, superando le distinzioni binarie e diventando essa stessa soggetto artistico. Dal suo profilo Facebook troviamo in maniera esplicita, sempre legato alla performance sanremese:
“Sono allergico ai modi maschili, ignoranti con cui sono cresciuto. Allora indossare capi di abbigliamento femminili, oltre che il trucco, la mia confusione di generi è il mio modo di dissentire e ribadire il mio anarchismo, di rifiutare le convenzioni, da cui poi si genera discriminazione e violenza.”
In aggiunta a questo, il suo costume di Ziggy Stardust, simbolo da sempre di una mascolinità diluita con elementi femminei (dal trucco al tailleur verde fluo) e la scelta di un brano, “Gli uomini non cambiano”, a ribadire il messaggio, sullo stesso palco su cui altre figure avevano parlato di “fare un passo indietro” rispetto al partner. Questo dimostra nuovamente che la performance e l’estetica selezionate sono tutto fuorché casuali. Sono, così come la già citata appropriazione della simbologia religiosa, atti di resistenza al costume e alla morale.
Performatività
L’artista, come già sottolineato, è un performer a tutto tondo, oltre la definizione di cantante. In numerose interviste di gossip, interessate all’argomento piccante del suo bacio omosessuale in diretta tv, interpellato sul proprio orientamento sessuale, Lauro risponde serafico “lo lascio al caso”. Oltre le categorie, oltre le definizioni: tra Rocky Horror Picture Show, glam e trap, l’unico vero modo per avere una visione d’insieme è, forse, smettere di categorizzare.
Immerso nelle citazioni, questo autore può non aver inventato niente di nuovo, certo, ma pochi in Italia oggi possono vantare un profilo così variegato ed interessante, capace di pungere sempre sul viso e di sorprendere. Parlare di genere e di sessualità al pubblico di massa non è mai cosa semplice né scontata, ma è difficile negare che Achille Lauro abbia intrapreso la strada giusta.
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