Ultras è un manifesto artistico che condensa le visioni di Francesco Lettieri e le sonorità di Liberato in un manifesto della Nuova Napoli.
Coloro che avevano notato l’audace impegno di Francesco Lettieri nella realizzazione dei video musicali per Liberato non potevano far altro che aspettarsi, prima o poi, un naturale approdo alla regia cinematografica. Questo film piuttosto che una semplice ‘piacevole sorpresa’ dev’essere considerato come la realizzazione di un sogno. Ultras (id. 2020) prende forma dalla potente sinergia di Lettieri e Liberato. Due artisti capaci di rendere la musica e l’immagine un tutt’uno inscindibile. La coppia riesce a compiere una duplice impresa. Da una parte realizzare un film all’avanguardia rispetto agli stilemi imposti da un pubblico sempre più vorace. Dall’altra ad aprire uno scorcio panoramico sulla Napoli contemporanea, andando a definire un inedito manifesto artistico.
Sandro (Aniello Arena) storico capo ultras degli Apache, a seguito di una diffida che gli nega l’accesso allo stadio per le domeniche sportive, si allontana dal suo storico gruppo di amicizie. Cerca una nuova possibilità di vita con Terry (Antonia Truppo), madre single conosciuta per caso. La sua poca partecipazione alle iniziative della tifoseria è causa dell’ascesa dei giovani Pequeño (Simone Borrelli) e Gabbiano (Daniele Vicorito), determinati a prendere le redini del gruppo. Poiché il giovane Angelo (Ciro Nacca) è coinvolto nelle violente azioni degli ultras è compito di Sandro intervenire, ed evitare che il giovane possa commettere i suoi stessi errori.
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Spaghetti gangster
Proprio come quel Ciro di Marzio (Marco d’Amore) protagonista di Gomorra – La serie (Roberto Saviano, 2014), Sandro è un antieroe che, seppur con le dovute differenze con il killer della camorra immaginato da Saviano, deve dimenarsi in una realtà sociale opprimente e intrinsecamente dominata dalle dinamiche di gruppo. La materia in campo è certamente anche in questo caso la malavita che attanaglia la città di Napoli come una maledizione atavica. Eppure, quello di Lettieri è un film che si pone in maniera tangenziale ad essa e ne riorganizza i contenuti in maniera meno agghiacciante, nella forma di un soft-gangster movie. Si scopre, in questo modo, la trasversalità dell’atteggiamento criminale. Che non è confinato in chi camorrista lo è per davvero, ma è una prerogativa di gruppi sociali più disparati, un’attitudine tipica della cultura del branco.
Lealtà, onore, rispetto e sottomissione delimitano e regolano le scelte di Sandro, il quale si ritrova in un circolo vizioso di sbagli che minano il suo obbiettivo di voltare pagina e ‘lasciar perdere le cazzate’. Lettieri sfrutta inoltre, da un punto di vista visivo, la forte simbologia del tatuaggio e trasforma Sandro in una bandiera vivente. Quest’ultima reitera l’appartenenza e l’affermazione del gruppo, impedendone l’identità individuale. La lotta contro sé stessi, il desiderio di redenzione e il tentativo di salvare Angelo dalle dinamiche menzionate fanno di Ultras una sorta di American History X all’italiana. Un film in cui l’esultazione per un goal è sostituita da un profondo momento di autocritica.
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Un manifesto per la Nuova Napoli
Il cinema di Lettieri, proprio come Sandro, è in tensione tra due mondi. L’obbiettivo è quello di raccontare il contemporaneo e allo stesso tempo mostrarne le origini. Un cinema compostamente postmoderno e interdisciplinare. Che non solo è debitore del lascito di registi quali Matteo Garrone, Paolo Sorrentino e Stefano Sollima, ma si fa portavoce di altre forme d’arte dalle quali esso stesso trae origine. Come il design e la street art (basti pensare al murales dedicato a Sasà, il giovane vittima della violenza intestina della città), ma anche la body art e la musica (Liberato, Speranza). Come si diceva all’inizio Lettieri ha realizzato i video musicali per Liberato, il quale scrive per Ultras la colonna sonora.
Nel trittico Capri Rendez Vous 1966 (Lettieri/Liberato, 2019) è immediatamente chiaro il fascino provato da Lettieri per il cinema classico italiano. Il neorealismo e l’epoca d’oro del cinema degli anni ’60 costituiscono il tempo mitico entro il quale raccontare storie d’amore, la società e la cultura napoletana stessa. E allo stesso tempo un immaginario al quale attingere per rappresentare la contemporaneità. Il film in questione vive dello stesso sentimento. E diventa l’occasione di affermare lo sforzo collettivo di valorizzazione e riscoperta della città di Napoli e della sua cultura. Con Ultras, Lettieri e Liberato scrivono un manifesto artistico all’avanguardia, uno scorcio che ha la potenzialità di diventare un apripista per panorami ancora inediti.
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