La classifica dei dischi che più sono circolati tra gli ascolti della redazione in questo 2020, top10 con sorpresa e ringraziamenti!
Dal punto di vista musicale è stato un bellissimo anno. Come si diceva nelle classifiche dei migliori film e libri del 2020, è impossibile riuscire a fruire della mole enorme di roba che esce durante un anno. Di conseguenza la classifica che segue è parziale, dettata dagli ascolti ristretti e personali degli autor∂ che l’hanno redatta. Ma non per questo meno degna di considerazione. Poiché l’obbiettivo della rivista è far scoprire una bolla diversa dal solito, si spera con entusiasmo che la seguente Top10 possa portarvi a qualcosa che ancora non si conosce, piuttosto che confermare gusti già precedentemente assaporati. Non si affrontano generi specifici, e infatti troverete dischi di elettronica accanto al cantautorato italiano. A fine articolo, un breve ringraziamento e una playlist per festeggiare un buon capodanno musicale alternativo.
10. Bloody vinyl 3

Avete mai provato ad inserire quella lunga serie di comandi in GTA San Andreas per sbloccare armi potentissime e vita infinita, non tanto per barare, ma giusto per aggiungere un po’ di pepe al gioco e divertirvi di più? Beh, probabilmente qualcuno ha avuto la stessa idea per la scena rap italiana. Premete in rapida sequenza 1 dj, 3 producers, 15 tracce e 25 cantanti e beatmaker per ottenere l’album mega combo del 2020, BLOODY VINYL 3. Sbloccherete 42 minuti di bombe, una dopo l’altra, droppate freneticamente in una battaglia di stili diversi. Da Salmo a Rosa Chemical, da Fabri Fibra a Madame, passando per Guè Pequeno e Massimo Pericolo. Slait, Tha Supreme, Young Miles e Low Kidd hanno riunito in un’unica potente armata il meglio sulla piazza italiana, creando uno spartiacque tra tutto ciò che è stato e tutto quello che sarà.
9. DISCO

cmqmartina è stata la sorpresa musicale di questo 2020. Le freschissime sonorità techno, mixate ai synth anni ‘80 e la limpida voce rendono il suo DISCO un’eccezionale rampa di lancio nell’electro-pop italiano. Ascoltandolo si respira un’atmosfera d’estate, ma un’estate che è già lontana, ormai un ricordo. Tutto ciò che resta di quei tempi è nei testi, autobiografici, diretti e crudi. Ma DISCO è anche la disco, la voglia di ballare, che non manca mai nelle nove tracce: intro, biciclettecno e lasciami andare sono dei veri inviti alla pista, dove ritrovarsi, vivere e rivivere i ricordi, fino al pezzo chiudi serata, la prima cosa bella, un lento intenso e commovente. Vi rimandiamo alla recensione più approfondita e, dai, alzate sta cazzo di radio!
[DISCO di cmqmartina – recensione]
8. Vandalize Music

Cosa accomuna un pianoforte a coda bianco, delle bombolette spray e una mazza da baseball? Facile, la furia iconoclasta di Lorenzo Senni! Dopo la memorabile performance a C0C 2020, l’edizione più sfortunata del festival torinese, tenutasi esclusivamente in streaming, con il singolo Vandalize Music, Senni ci propone una cornice, o un’ulteriore chiave di lettura, del suo ultimo disco Scacco Matto (Warp, 2020). Ritornano gli ormai canonici arpeggi ed euforici momenti post-trance, eppure qualcosa sembra essere cambiato. Demolire a colpi di graffiti un pianoforte e prenderlo a mazzate, potrebbe essere solo l’inizio di una nuova fase dell’artista più in vista della scena elettronica italiana.
[Scacco Matto di Lorenzo Senni – Recensione]
7. The New Abnormal

Il nuovo esordio dei The Strokes cade come un fulmine a ciel sereno dopo anni di inattività, in cui in molti non avrebbero puntato una lira su una possibile reunion. C’è una nuova normalità che normale tanto non è: la crisi pandemica, gli incendi in California e storie di vita difficili. Ripescando nelle sonorità dei dischi degli esordi, ma anche dai lavori di Tame Impala, Psychedelic Furs e Arctic Monkeys, i The Strokes, quasi come ibernati per vent’anni, propongono un disco che chiude i conti col postmoderno. La rievocazione spiritica di un futuro-retrò, e del glitter degli anni ‘80 è alla base di tracce come At The Door e Ode To The Met. Un disco oscillante tra il silenzio e un nuovo pop-rock, che si presenta del tutto anticonformista e anormale, nel suo abbracciare in pieno una rinnovata mania e nostalgia per l’epoca più florida del consumo.
[L’ipnotico postmoderno degli Strokes in The New Abnormal]
6. Sign/Plus

Esistono gli artisti techno, breakbeat, ci sono i dischi ambient, i dischi vaporwave, così come c’è il rock e la trap. E poi ci sono gli Autechre. Tornano dopo un paio d’anni dalla pubblicazione delle NTS Sessions con ben due album a distanza di pochi giorni, ovvero Sign e Plus. L’ascolto di Autechre è l’esperienza del suono, e delle sue infinite conformazioni e stati energetici. Ciò che chiamiamo musica non è che altro il nostro sintonizzarsi sulle figure di tempo che il suono può generare. Meta form8 è un lungo fascio di suoni ininterrotto, un fluttuante rullo trasportatore infinito. Al contrario, TM1 open è un ordine apparente di rassicurante ritmo, eppure la techno è ormai un lontano ricordo. Questi due album sembrano insomma sintetizzare bene la caotica carriera quasi trentennale degli Autechre, e possono fungere da introduzione al pensiero musicale del duo inglese. Il consiglio è di ascoltarli random mescolati insieme.
5. Cinema Samuele

Una delle cose positive del 2020 è il ritorno di Samuele Bersani, che con Cinema Samuele riprende a raccontarci canzoni a distanza di ben sette anni dal suo Nuvola Numero Nove. Che Bersani sia una delle nostre penne migliori è dimostrato dalla sua storia, in cui figurano brani come Spaccacuore, Giudizi Universali, Il mostro, per arrivare alla più recente En e Xanax. Con questo disco, il cantautore celebra la sua maturità artistica (e forse anche personale, chissà) con un disco in cui non ne sbaglia una. Se ad un primo ascolto si ha l’impressione di stare assistendo ad una serie di canzoni d’amore, quando si scopre del periodo difficile attraversato da Samuele Bersani dopo una storia d’amore finita male (per la quale scrisse, appunto, Ex e Xanax) ci si rende conto di come la tracklist del disco sia una discesa all’interno della mente di qualsiasi persona lasciata, delusa, annichilita dalla frustrazione e dalla mancata realizzazione delle prospettive che spesso sembrano delineare la nostra vita. Cinema Samuele è una seduta di psicoterapia a cui tutti potremmo partecipare e che tutti, almeno una volta nella vita, avremmo sicuramente voluto scrivere.
4. Kick I

Fin dalla nascita della musica dance, per merito di Donna Summer e Giorgio Moroder con I Remember Yesterday (1977), le sonorità elettroniche sono state capaci di emancipare il desiderio erotico e sessuale, sia per gli ascoltatori e clubbers, sia per gli artisti stessi, e aprire la strada verso l’accettazione della transitorietà del sé. La musica di Arca è un groviglio di entrambe le cose, e questo Kick I è il punto di arrivo di un lungo percorso di sperimentazione. Tante sono le artiste prestate a dar voce alle sfumature della compositrice venezuelana, tra cui Bjork, Shygirl e SOPHIE. Nella quarta traccia Riquiquì, Arca sembra quasi definirsi una volta per tutte come “regenerated girl degenerate to generate heat in the light”. Eppure, la stessa traccia è protagonista assoluta di un mixtape dove compare rielaborata e decostruita 100 volte, ovvero Riquiquì;Broze-Istances(1-100) (Arca, 2020), un ascolto che trasmette indefinitezza totale, dove tutto è passibile di modificazioni e stravolgimenti.
[L’elettronica cyber-femminista di Arca]
3. Space Diver

Una delle primissime uscite di quest’anno è stato Space Diver, il nono album in studio del dj tedesco Boris Brejcha. Fa decollare e restare in orbita per più di novanta minuti, in un mix continuo di techno, house e trance. Se a tratti può sembrare un lungo viaggio interstellare, durante Gravity e Kittys Journey, canzoni come Never Look Back e The Troublemakerz vi faranno schiantare sulla Terra, in un rave di dimensioni cosmiche. Space Diver è l’album dell’anno per portare in casa i grandi festival, ai quali quest’anno non abbiam potuto partecipare.
2. Magic Oneohtrix Point Never

Cinque anni dopo Garden Of Delete, torna l’ormai leggendario Daniel Lopatin, con un lavoro che più che un semplice disco è un artefatto magico. Vecchi jingle di trasmissioni radiofoniche americane e crepitii, i relitti del vecchio mondo analogico, fanno da cornice a ispirate atmosfere elettroniche e chitarre elettriche quantistiche. Appaiono come antiche memorie anche i riferimenti vaporwave, in particolare con Bow Ecco, un genere che lo stesso Lopatin contribuì a creare. Ma il pezzo che più di tutti riesce a coinvolgere, mescolando ironia e commozione è sicuramente Lost But Never Alone, accompagnato da uno dei video musicali più inquietanti di sempre, e un assolo di chitarra che risuona come l’epitaffio sulla pietra tombale del rock.
1. Ten Billion Angels

Nel panorama delle nuove uscite di musica elettronica, impossibile da mappare in ogni suo cunicolo, capita che emergano dischi dalla potenza dirompente. Ten Billion Angels di Zora Jones è un’uscita imperdibile. Tra euforia footwork, rigurgiti grime e suoni hi-tech iperfluidi, la conquista di un nuovo territorio sonoro è ormai più che compiuta. Difficile descrivere i grovigli emotivi di Paranoid e I Wanna Lose You, come il sublime incontro tra la levigatezza delle voci elettroniche e i suoni ruvidi dei cordofoni, in Come Home. Un ascolto che chiude quest’anno nell’afasia e nel silenzio.
0. Gaia

Anche questa classifica giunge al termine e la sorpresa finale non poteva mancare. Come si diceva nell’editoriale uscito a settembre, questo lungo numero zero della rivista speriamo possa portare a tanti altri numeri e piccoli e grandi risultati. Questo album di Blank Banshee uscito a inizio dicembre è la colonna sonora perfetta per lasciarci alle spalle questo primo corto anno della rivista. L’artista in questione è stato considerato tra i fondatori del genere vaporwave, in particolare con il mitologico Blank Banshee 0 (2012). Anche in quest’ultimo Gaia si ritrovano molte delle sonorità che hanno contraddistinto il genere negli anni, come campanelli e scintille di pixel, le arieggiate percussioni, il gusto per il glitch. La sensazione è l’immersione in un paradiso artificiale, una virtual room, ma molto meno asettica rispetto ai primi dischi. Voci, disturbi sonori e scratching fanno da guida in un caotico mondo post-internt precipitato nella Uncanny Valley, che non può essere diramato da un singolo ascolto.
Un ringraziamento sincero al pubblico che ha seguito fin qui gli sviluppi della rivista e a tutt∂ gli autor∂ e collaborator∂ che hanno partecipato. Un augurio sincero di (si spera) buon anno!
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